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PRIMA PAGINA-Toti riapre la questione delle ingerenza della magistratura in politica
Giovanni Toti è stato ieri a Roma dove ha incontrato diversi esponenti del centrodestra, a partire dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. E con la sua visita nella Capitale l’ex governatore ha portato ben più di una discussione sul futuro politico della Liguria e sulle scelte che sarà chiamato a fare il centrodestra in vista del voto anticipato per eleggere la nuova amministrazione regionale il prossimo autunno. Sulla sfondo – e neanche troppo – è infatti riemerso l’antica questione relativa al rapporto tra politica e magistratura. Intercettato nel corso dei suoi vari spostamenti, Giovanni Toti non si è infatti fatto sfuggire l’occasione per ribadire come “le immunità della politica siano calate oltre ogni limite seguendo un certo populismo e un certo giustizialismo”. Il problema si trascina da anni, praticamente dall’avvento di Tangentopoli sulle cui macerie politiche, complice la forte spinta di un sentimento manettaro estremamente diffuso e follemente cavalcato, fu varata la riforma costituzionale di modifica dell’articolo 68 della Carta, quello sull’immunità parlamentare. Ma ciò che da allora è più cambiato, oltre alla norma in questione, è stato il sentiment nei confronti della politica e dei politici, con l’imporsi di una sorta di moralistico primato delle questioni definite di opportunità sulle stesse leggi. In molti, soprattutto della vecchia guardia, non mancano infatti di parlare di una genuflessione della politica, anche nella sua articolazione parlamentare e, quindi, di potere legislativo, all’ordinamento giudiziario. Oggi se ne vedono le conseguenze, ma il fenomeno fa vittime più o meno illustri da decenni. E la questione ha assunto livelli tali che si inizia a parlare di garanzie per quelle cariche che anche prima della modifica dell’articolo 68 della Costituzione non godevano di alcuna prerogativa dal punto di vista giudiziario. Quando ci si scaglia contro alcune prerogative di chi fa politica non si tiene conto del presupposto per il quale quei privilegi sono stati immaginati, insomma, come ha detto ancora Toti “non sono per chi li incarna, ma privilegi del potere popolare che li rappresenta”. Ecco perché l’ex presidente della Liguria si è detto d’accordo con la proposta di uno ‘scudo’ per i governatori fino alla fine del mandato avanzata pochi giorni fa da Matteo Salvini proprio a seguito del caso Toti. Un’iniziativa dal sapore tutto garantista – lontana dai principi che ispirarono gli albori della Lega, quella che sventolava i cappi nelle aule parlamentari – che pure è stata accolta con non troppo entusiasmo da Forza Italia, forse per il timore di essere scavalcata dagli alleati su uno dei propri temi identitari. “Come abbiamo fatto con l’abuso d’ufficio rispetto al quale eravamo favorevoli all’abolizione noi siamo sempre pronti ad ascoltare le proposte che permettono una buona amministrazione. Ne parleremo, e, se saremo convinti la sosterremo”, ha detto il segretario azzurro Antonio Tajani. E a proposito delle scaramucce tra alleati, il tavolo per l’individuazione del candidato di centrodestra alla guida della Liguria si presenta già bello caldo. Sempre il vicepremier ha tenuto a ricordare che “di fronte all’indisponibilità di Rixi abbiamo detto che c’erano altri nomi, come Bagnasco”, deputato ligure di Forza Italia e segretario regionale del partito, aggiungendo che “siamo pronti a valutare tutti senza pregiudizi nei confronti degli altri, ma non vogliamo neanche pregiudizi nei nostri confronti”. Insomma, nella coalizione non c’è ancora l’intesa sul post Toti e bisognerà vedere, salvo la candidatura di un civico, chi dei tre maggiori partiti riuscirà a spuntare la candidatura per un proprio esponente, tanto più dopo i mutati equilibri delle elezioni europee. Di certo è ancora presto e la pausa estiva dà un po’ di respiro. Forse per questo dalle parti di Fratelli d’Italia tutto ancora tace. Anche sulla visita di Toti a Roma.